
Approfitterò della mia formazione di classicista mancata per fare un appunto prima di partire con questo commento.
La parola ritorno in greco è “Nostos” dal quale deriva il nostro termine “nostalgia”. E’ il termine che conclude la guerra di Troia, che dopo l’Iliade e l’Odissea idealmente si concludeva con i ritorni (appunto i nostoi) infelici dei vincitori Greci.
Il tema del Re che ritorna è anche tipico del ciclo bretone-arturiano dove il re giusto nonostante la sconfitta un giorno prima o poi dovrebbe tornare.
Per questo i nomi dei re si ripetono sempre. Aragorn non è il primo, è il secondo, perché un re idealmente non muore, ritorna.
E’ un tema che ho sempre rigettato. Non amo le storie che guardano al passato e lo idealizzano. Non amo Ulisse, lo sapete. E non ho amato nemmeno questo libro come ho invece amato “Le Due Torri”.
Perché? Di base è l’insieme di tutto ciò che recrimino a Tolkien. L’idea di un re che ritorna, di un passato idealizzato. L’idea di un eroe idealizzato come Aragorn e per questo irraggiungibile, l’idea di un saggio che inquadra la situazione come Gandalf. Tutti elementi che continuano a non piacermi. Tuttavia il libro rimane come i suoi precedenti, un capolavoro. Continuo a vedere la differenza netta che c’è con gli altri due, come se davvero fossero tre storie diverse collegate da un unico filo conduttore.
Non mi ha convinto la battaglia narrata da una parte e Frodo e Sam dall’altra parte. So che è brutto fare le pulci alla narrazione di un libro così vecchio e avanguardistico per certi versi. Però forse è la cosa invecchiata peggio del “Signore degli anelli”. Insieme a una certa visione di donna abbastanza messa a margine scusabile fino a un certo punto . Tolkien era un genio ma anche un uomo del suo tempo, eppure il suo contemporaneo Lewis diede molto più spazio alle ragazze, addirittura il suo villain era una donna.
L’altra parte della storia, quella di un Frodo sempre più piegato dal potere dell’Anello, sempre più sporco, messo a nudo, nonostante la sua purezza iniziale, è molto intrigante. Così come la parte di Sam e dell’evidente protagonismo del servo umile che si rivela fondamentale.
Il problema maggiore per me sono i quindici finali uno dietro l’altro per un libro che non sa come morire. L’idea di una guerra che non è stata vinta più vincendola e di un passato ormai perduto per me rimane grande, ma sono contraria alla mancanza di una visione del futuro davvero forte.
Non c’è il futuro. C’è solo il nostos, il grande limite dell’Odissea. Il guardarsi indietro a quando si era giovani e pieni di vigore.
A uscire bene secondo me, cosa che era meno evidente nei film, è Faramir che si contrappone a quello Io-Minchia del fratello Boromir e che sa mettersi da parte all’occorrenza comprendendo il suo ruolo. Quando a Eowyn, il suo ruolo secondo me era una semplice ripresa della donna combattente dell’epica, le riletture super femministe successive fanno quasi sorridere a leggere il testo originale.
Gli elfi continuano a essere antipatici come poche cose. Insomma non ho cambiato particolarmente il mio giudizio come l’ho cambiato per “Le Due Torri”. Mi è mancato tanto Gollum. Anche se la scena più forte rimane quella in cui Sam gli risparmia la vita.
Quella scena ha le spalle larghe va riconosciuto. Le ultime cento pagine di finali un po’ meno, Tolkien aveva troppe cose da concludere ed è finito col fare un elenco.
Insomma in generale continuo a considerare Tolkien un genio lontano dal mio gusto. Grande merito a Tolkien perché è ancora a distanza di decenni l’unico autore che è stato in grado di prendere posizione. Di dire quello che voleva dire anche a costo di esporsi. Però in tutto questo la sua visione del mondo è distante dalla mia.
Il lieto fine che scrive è un finale lieto a metà. E anche nella parte felice sembra non esserci troppa convinzione.
Mi viene da chiedermi, ma Tolkien nel finale che ha scritto, ci credeva?
Sembra un po’ l’Orlando Furioso, specialmente per quanto riguarda la distruzione dell’Anello. L’unico Dio, sembra essere il caos. La fortuna, la Tiche, come dicevano i greci. L’unico finale possibile sembra essere guardarsi indietro.
Non è che forse come Frodo, anche Tolkien ha ceduto a un certo punto, scrivendo qualcosa che in cui in ultima battuta, non credeva?
Forse è proprio questo che non gli posso del tutto perdonare. Non aver creduto nella possibilità di una ricostruzione, di un futuro. J.K Rowling nella ricostruzione ci credeva eccome. Forse per questo il mio cuore nonostante tutto appartiene ancora a Harry Potter.
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