
Io tratto gli scrittori molto male. Li maltratto per lo più. Li massacro, li abbandono, spesso gli urlo contro. Se i libri sono come le persone, gli scrittori sono come una divinità silente e antipatica.
Non credo meritino particolare compassione, perché il mezzo di comunicazione che usano è antidemocratico. Nel momento in cui hanno loro il potere di parlare e di esprimersi senza ricevere risposta, la critica è l’unico mezzo che abbiamo per sovvertire la loro dittatura.
Il diritto di critica è sacrosanto per questo motivo. Un libro può essere spinto da case editrici e protetto da chissà che figure potenti. Ma non può avere anche la critica dalla sua parte, altrimenti il sistema diventa fascista. Non ci sarebbe replica.
Non puoi avere il 100% del potere. Il 100% del potere è l’Unico Anello, e mi pare che un certo scrittore che io amo odiare, abbia scritto due o tre cose in merito alla distruzione necessaria del Unico Anello.
In ogni caso. Ci sono due tipi di lettori che possono fare una critica a mio modo di vedere le cose: i cani e i gatti.
Il cane è felice qualsiasi cosa lo scrittore faccia. E’ un bimbo entusiasta che adora tutto ciò che legge e si innamora di tutto. Anche io quando ero piccola mi innamoravo di tutto. Sono stata cane anche io, da bambina adoravo qualsiasi libro leggevo.
Ora sono decisamente un gatto.
Ossia un lettore diffidente per principio che ricambia le attenzioni dello scrittore con l’indifferenza. E credo che per fare una critica bisogni essere un po’ gatto. Perché il cane è inutile ai fini di una critica oggettiva. Il cane esalta tutto, scodinzola sempre felice. Ti scrive tutta la trama del libro e ti dice che lo ha adorato e che è bello.
“Bello” è una non parola. Va bene per tutto, non ti dice assolutamente niente.
Allora credo serva l’indifferenza del gatto che ha letto di tutto e inizia a disprezzare ogni cosa eccetto quella che ha davvero qualcosa da dire.
Il gatto deve criticare il senso profondo del romanzo, il senso politico, il messaggio, la costruzione.
E lo fa, senza tanti problemi. Perché quella è l’unica critica che costruisce.
La critica non è sparare insulti sul nulla, attenzione.
Non serve a niente nemmeno quello.
La critica è educazione, metodo, severità. Il mio buon nemico Lars Von Trier dice sempre che la severità è un dono.
Ed è vero.
Perché senza, non si cresce.
Rispondi