Perché Mare Fuori ha vinto

Il budget di Gomorra era intorno ai 14 milioni di euro e a girare la serie erano nomi come quelli di Stefano Sollima, già regista di Romanzo Criminale e talentuosissimo. Stesso discorso vale per “Romanzo Criminale” che fu la capostipite di questo tipo di serie. Serie tv che non ho mai apprezzato, che ho abbandonato alla prima stagione perché dietro alla qualità anche tecnica, secondo me la povertà era tematica.
I criminali sono antieroi. Uccidono, fanno i loro comodi, distruggono, bruciano, arrivano alla vetta del potere senza mai venire bastonati davvero. C’è un’ascesa e una caduta ma il tempo della perdita in realtà è troppo poco rispetto ai giorni da lupo. Era un po’ il grosso difetto di quel film di Scorsese di nome “The Wolf of Wall Street”. Non reputo “Romanzo Criminale” un capolavoro proprio per questo continuo elogio della criminalità che ne esce come unica ideologia forte rispetto a una politica e a uno Stato che non ci sono. E’ anche una serie maschile, nel senso che riserva spazio a due soli personaggi femminili scritti tra l’altro malissimo, che era anche il difetto di un’altra serie che non ho mai apprezzato fino in fondo: “BREAKING BAD”. So che mi aspetta la lapidazione dopo questa affermazione. Ma per me la tecnica e la regia sono cose importanti fino a un certo punto. E’ importante la tesi. E’ importante il messaggio. Il contenuto. Walter White non è stato mai bastonato a dovere secondo me. Nessuna di queste serie ha avuto il coraggio di rinchiudere i suoi protagonisti in carcere, ma ha preferito farli morire eroicamente a modo loro.

L’ultimo grande capolavoro di Robert Zemeckis prima che decidesse di devastare “Pinocchio” è stato “Flight” a questo proposito. Quel film era la storia di un pilota d’aereo che guida da ubriaco e fatto di cocaina un veicolo che rischia di schiantarsi, ma che lui salva. Sarebbe un eroe ma non può finché non si costituisce e continua a mentire.
E così finisce in carcere ma in carcere può sorridere. Un immagine del genere racchiude la bellezza della legalità e della onestà che è l’unico modo per poter sperare di fare una politica seria, una politica bella. “Mare Fuori” è semplicemente uno dei tanti figli di quel capolavoro di film che era “Flight”.

Erano due anni che attendevo che il mondo si svegliasse e si accorgesse di quanto sia una perla questa serie. E’ una figlia della Rai, la stessa Rai che Boris prendeva in giro, che fa la fotografia magari troppo illuminata. E’ di base un teen-drama che si mescola con il tema della criminalità organizzata. E’ piena di difetti, non ha 14 milioni di euro di budget e non ha Stefano Sollima alla regia. Non è perfetta, spesso scade nel melodramma e alcune soluzioni narrative sono banali. Ma quello che mi entusiasma è la filosofia che c’è dietro che va contro “Romanzo Criminale” e “Gomorra” e in generale l’idea che l’unica ideologia forte sia quella delle organizzazioni criminali. Non è una serie antipatica figlia di una generazione Millennial antipatica che si è arresa ancora prima di giocare le sue carte. E’ una serie della e per la Generazione Z che già promette di essere di gran lunga migliore. E’ una serie che mostra il futuro a dei giovani che non ce l’hanno e per questo è tanto interessante. Perché ha avuto la capacità di contrapporsi a quella filosofia che rende eroi coloro che sono delle bestie assassine che uccidono per soldi e per potere. Io-minchia che vogliono solo dominare il mondo e che per qualche motivo sono posti al centro della storia. I figli malati di “Breaking Bad”. In questo non ho problemi a dire che “Mare Fuori” è superiore e vince su tutto. Perché si tuffa in quel nichilismo e mostra un futuro.

La terza stagione è splendida.
Carolina Crescentini “Punto e Virgola” prosegue il suo ruolo di madre civilizzatrice ma forse non basta più e viene affiancata e superata in severità da un nuovo personaggio “Sofia Durante” interessantissimo. Mi piace come le filosofie di rieducazione cozzino tra loro e mi piace l’idea di una controriforma che va a decostruire il lavoro di Paola.

Carmine Recano invece prosegue il suo ruolo di rappresentanza di una legalità che può essere molto affascinante. Fin dall’inizio il suo ruolo era di un padre per i ragazzi e di una rappresentazione di legalità che può essere sexy come il commissario Scialoja poteva essere, non si forse perso dietro la questione personale.

Ma il cuore della stagione è come mai più di prima Carmine di Salvo interpretato da Massimiliano Caiazzo. Nelle precedenti stagioni era il personaggio che era cresciuto più di tutti. Fin dall’inizio aveva messo in chiaro che preferiva cento giorni da pecora che uno da leone. Era quello più antifascista come personaggio (a differenza dei simpatici amici della Banda della Magliana) che aveva ben chiaro fin dall’inizio cosa non voleva essere. Non voleva essere un leone, non voleva essere uno io-minchia, non voleva essere uno che domina a tutti i costi per raggiungere le vette del potere. Voleva essere pecora e voleva vivere. Voleva prendersi il suo futuro e non c’era riuscito. Ma non aveva rinunciato a quella sua filosofia che era così speranzosa e antifascista in un paese come il nostro che è rimasto fascista nonostante sia passato quasi un secolo. Ci siamo innamorati tutti di Carmine. Il bravo ragazzo risucchiato dalla sua famiglia abietta. L’amico fedele, il ragazzo che prende solo schiaffi e colpi emotivi per tutta la storia. Quello che viene più di tutti messo alla prova. Che si ritrova a scegliere tra bene e male nei momenti più estremi e difficili dalla sua vita. La sua purezza di cuore ci ha fatto innamorare. E non ha fatto innamorare solo noi spettatori in questa stagione. La centralità di Carmine è stata un colpo vincente, perché è il personaggio non solo migliore ma quello con più possibilità di dare tanto ancora alla narrazione.

Filippo rimaneva già più appeso nella seconda stagione. Iniziavo a non sopportarlo più. Anche in questa stagione rimane fino alla fine sacrificato, salvo per ritornare negli episodi finali. Però ho apprezzato tanto che Nicolas Maupas abbia gestito molto meglio la recitazione col corpo. Era molto meno impacciato a occupare lo spazio. Anche lui è cresciuto tanto come attore. Mi è piaciuta l’idea di esplorare il suo lato oscuro. Mi è piaciuto vederlo toccare il fondo e risalire. Ancor più mi è piaciuto vederlo diventare la spalla di Carmine. Se all’inizio della serie era Filippo l’eroe romantico e attraente, qui viene imbruttito e viene abbellito Carmine. Carmine diventa l’eroe della tragedia romantica perché viene ammaliato da questo nuovo personaggio di nome Rosa Ricci.
Un personaggio fantastico che in contrapposizione alla perduta Nina, non è dolce, non è tenero, ha i capelli lisci e gli occhi scuri. Visivamente è l’opposto. Questi due personaggi sono il cuore della stagione. Stagione che però non si è scordata degli altri personaggi che continuano ad essere introdotti e ampliati.

La serie funziona perché non aggiunge cose in mancanza di inventiva, ma amplia bene quello che già ha. Ci mostra il passato di Viola, quello di Silvia e ci mostra rendendolo un personaggio davvero interessante, il passaggio di Carmela. La moglie di Edoardo sempre rimasta sullo sfondo nelle precedenti stagioni qui diventa un personaggio complesso e l’attrice è stata davvero brava a interpretarlo. Altro punto che ha “Mare Fuori” rispetto alle serie tv italiane classiche dove la presenza femminile è marginale. “Mare Fuori” è pieno di donne protagoniste, a partire dalla direttrice, donne cattive, buone, antipatiche simpatiche, colorate, variegate. Non sono rappresentanza. Sono la realtà. Ed è un toccasana per il cinema e per la televisione italiani che anche quando sfornano prodotti interessanti come “Smetto Quando Voglio” limitano molto la presenza femminile. Per non parlare di “Beaking Bad” che è riuscita a scrivere il personaggio femminile più antipatico della storia delle serie tv, e Skyler aveva accanto un egomaniaco pazzo bombarolo spacciatore di anfetamine. Non era facile.

Comunque.

Vedo la gente chiedersi perché di questo successo perché i difetti ci stanno e ce ne stanno tanti. Ma io penso che sia un bene questo successo, perché la serie va contro quel tipo di filosofia tanto dannosa. Sì viene dalla Rai, ma la fiction Rai ideologicamente partiva veramente tanto indietro e questo è un prodotto che per chi è abituato a vedere la televisione, è un tocca sana. E’ un prodotto che parla al popolo e che non snobba il popolo.

Mi fa tanto piacere questo boom, soprattutto tra i giovani, perché è interessante dal punto di vista ideologico e se la risposta dei giovanissimi è stata così forte è perché ne avevano bisogno di un’ideologia simile. Un’ideologia che mostra speranza, futuro, vita nonostante una generazione giovane in gabbia e una generazione di adulti che non ha mai pensato al loro futuro. C’è un’inadeguatezza degli adulti che è disarmante, non hanno saputo dare né valori né costruire un mondo per loro. In questo “Mare Fuori” è superiore a tutte le serie tv italiane che sono state magari girate dal miglior regista del mondo, come Sollima, ma che hanno finito per rendere troppo affascinanti personaggi che erano tutto sommato dei criminali fascisti interessati solo ai soldi e al potere. La ragione per cui “Romanzo Criminale” non mi ha mai interessato, perché per me “Io Stavo col Libanese” è una frase ridicola. Poi la tecnica in quella serie c’era tutta, ma l’ideologia nella mia personale scala di valori non la vedo.

“Mare Fuori” ha vinto e lo ha fatto giocando pulito.

13 risposte a “Perché Mare Fuori ha vinto”

  1. Brava anzi bravissima ,hai fatto una presentazione d’oro come merita “Mare fuori” . Grazie e Buona domenica ☮️❣️

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    1. Grazie mille e buona domenica anche a te!

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  2. Concordo con te su tutto e sono prontissima a iniziare anche a vederla, questa serie, oltre a vivere solo di spezzoni su TIKTOK.
    Unica nota a margine: Romanzo Criminale, venendo dal libro e dalla storia della banda della Magliana e complice anche il periodo storico dei fatti , anche volendo non avrebbe potuto inserire personaggi femminili “forti” senza andare a snaturare la storia , stesso discorso per la fine dei componenti della banda. Sul fatto che fossero molto diversi dai fascisti, non posso che darti ragione.

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    1. Non vorrei averti alzato troppo le aspettativd ora. Il libro di De Cataldo prima o poi lo leggerò e staremo a vedere.

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  3. A proposito di capolavori, tra le serie targate Netflix è molto bella anche Venticinque e ventuno: l’hai vista?

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    1. Di Netflix ultimamente non sto guardando niente

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      1. Allora sono onorato di avertela fatta scoprire: è un capolavoro. Grazie per la risposta! 🙂

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      2. Grazie a te per il commento

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  4. Nella parte iniziale hai fatto una bella riflessione riguardante il lato tecnico e il contenuto. Il film perfetto per me è quello che riesce a equilibrare i due elementi. Nel cinema almeno non c’è un elementi più importante di un altro, sono tutti fondamentali. Potrai anche scrivere una storia incredibile, ma se la giri male il risultato finale influisce molto su quella storia, stessa cosa al contrario. Per esempio io considererò American Beauty l’esempio perfetto. Tecnicamente è un film eccellente, curato e incredibile, ma tutta questa replica va a sopprimere la tematica del tutto, tematica affrontata senza la dovuta cura. Mare Fuori non è perfetta, ha i suoi difetti sia a livello tecnico che a livello di sceneggiatura (a volte), ma riesce a trasmettere molto allo spettatore e a parlare bene dell’argomento della criminalità organizzata. Ecco, una cosa che anch’io non apprezzo di Breaking Bad, per quanto mi piaccia, è che Walter White non subisce veramente il tracollo se non alla fine. E questo in realtà è un problema di molti film e serie che vedo con storie di ascesa e declino di un criminale.

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    1. Sì in Breaking Bad per me è lampante come Walter non venga mai davvero bastonato dalla sceneggiatura per tutte le nefandezze che ha fatto, alla fine la sua morte è eroica quasi.

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      1. Per questo penso che le persone tifano per personaggi che in realtà sono veramente negativi. Il problema è che a volte la gente adora personaggi negativi che vengono rappresentati come tale senza mezze misure. Quella però è mancanza di giudizio.

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      2. Ma lì c’è anche un discorso sul personaggio cattivo che può fare cose proibite a un personaggio buono e perciò viene guardato perché rappresenta ciò che non si può fare. Ci sta dargli il fascino, non ci sta dargli l’epica e soprattutto io torno sempre a Milton, ma Milton a Satana a fine Paradiso Perduto lo fa strisciare. Ecco vorrei che quel tipo di caduta che fa vedere al mondo quanto sei diventato misero.

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      3. Ed è quello che cerco anch’io per quanto riguarda ad esempio un villain veramente spietato.

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