La comunicazione per l’infanzia è una cosa molto seria. Quindi dovrò lasciare correre la boomer che è in me, perchè in questo caso mi è d’aiuto.
I programmi per bambini attuali mi sembrano studiati a tavolino solo per vendere giocattoli. Mi sembrano fatti per raccontare il nulla cosmico (vedi Me contro Te o Peppe Pig), per essere innocui e per tenerci calmi i bambini che sennò fanno casino.
Non negherò che anche la Melevisione aveva i suoi gadget e i suoi giocattoli da vendere. Però non era studiato a tavolino solo per quello. Sapeva conciliare le due cose, lo show è fatto per fare soldi, lo capisco, non sono così idealista.
Però la sostanza c’era.
La Melevisione aveva trovato un linguaggio efficace. Trattando il bambino da pari, aveva nel folletto bibitiere una specie di fratello maggiore che rompeva la quarta parete e lo portava nel Fantabosco.
Fantabosco semplice, ma ben strutturato, pieno di chicche, di elementi fantastici che rendono un mondo unico (i numeri diversi ma uguali, Uno , Bue, Re , Gatto…).
Il cattivo, Grifo Malvento, mai visto, sempre evocato, per non dare volto al male, era un ‘idea geniale.
La regia, semplice e pulita, delicata, che si preoccupava di narrare nel modo più diretto possibile. I tempi dilatati, calmi, perché la Melevisione era il momento della pausa merenda.
C’ era una grande familiarità con questi personaggi, così vicini a noi come degli amici. C’era la delicatezza con cui venivano affrontati argomenti anche molto complessi.
Citerò due episodi che ho rivisto con occhi adulti e che mi hanno davvero impressionato.
“Il cappello dei figli amati” e “il segreto di Fata Lina”.
“Il Cappello dei figli amati” parla di adozione, mostrandoci due figli adottati, Milo Cotogno e Shirin Scintilla, in due fasi diverse dell’accettazione. Milo infatti è sereno, perchè sa di essere stato amato, nonostante il cattivo Vermio lo prenda in giro. Perchè i cattivi nella Melevisione si comportano come i bulli. Come un cattivo che un bambino può incontrare nella vita reale.
Shirin invece è più infantile, e pensa di non essere amata come gli altri figli biologici, problema che molti figli adottati hanno quando hanno fratelli che invece sono figli biologici dei genitori. Argomento quindi macroscopico, che però penso sapesse comunicare bene con un figlio adottato alla prese con questo tipo di problema, perché mostra l’empatia tra Milo e Shirin e come il problema di fatto non esista.
“Il Segreto di Fata Lina” ancora di più va in profondità. Perché mostra il comportamento di un bambino che è stato abusato, che quindi mostra angoscia, ansia, senso di vergogna e desiderio di volersi difendere in futuro. La soluzione che viene mostrata in puntata è di nuovo offerta dall’empatico Milo, che con il suo approccio amicale, offre come soluzione aprirsi e parlare, liberarsi di quel peso. Anche qui il gioco si basa tutto sull’identificazione, perchè quei personaggi li conosciamo, e siamo noi.
Lorenzo Branchetti, l’interprete di Milo Cotogno, raccontò che prima di fare il provino per la parte di Milo, il supervisore della Melevisione gli disse una frase :”I bambini non sono stupidi, quindi non trattarli da idiota”.
Era quella la chiave, trattare i bambini come tali, non come degli imbecilli da anestetizzare e a cui vendere eventualmente giochi di plastica a più non posso.
Ed è anche per questo che un programma con quel peso manca. Un programma ricordato con tantissimo affetto per noi che siamo cresciuti con lui. Che non ci siamo mai ripresi dall’abbandono di Tonio Cartonio, e che avevamo l’appuntamento fisso all’orario stabilito. Che spesso consumavamo tutta la carta che c’era in casa per fare la manualità e che avevamo imparato a memoria tutte le canzoni, i numeri, i regni e le razze, tutti i nome delle bibite. Cose che tra l’altro il mio cervello si rifiuta di dimenticare. Perché ciò che ami, esiste.
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