
“Una Dote di Sangue” è come una serie Netflix che convince tutti e che diventa virale.
Ossia qualcosa di già visto e già sentito che copia a mani piene da testi migliori. Qualcosa di ricoperto da una patina luccicante e sexy e che ha sulla superficie i temi nobili e in voga al momento.
“Una Dote di Sangue” è una psicofregna. Una ragazza bella che vuole convincerci chissà perché di essere anche intelligente.
“Una Dote di Sangue” è una politica che parla alla pancia delle persone senza saper però mai essere davvero propositiva e costruttiva.
E’ il femminismo roccocò sventolato sui social in maniera indignata che però non ha alcun riscontro nella vita reale. Il femminismo da notizia scandalo del giorno, sempre indignato che mescola capitalismo e lotta di classe e altri temi che non c’entrano nulla.
“Una Dote di Sangue” è Anne Rice senza la capacità pioneristica e avanguardistica di Anne Rice.
E’ la storia di Henry Miller, di June Mansfield e di Anais Nin ma senza la profondità, la complessità, il mistero, il desiderio, la gioia e l’impossibilità. Prende la storia come è stata in realtà e se ne allontana per ricorre “Peter e Wendy” di Barrie.
Su “Peter e Wendy” mi sono infranta perché non funziona in questa storia.
Sarebbe anche una storia che funziona se non fosse che continua a proporre i soliti temi già sentiti e stantii politicamente corretti e mai costruttivi.
La donna è sempre vittima del maschio, traviata con la tisi. E’ un vampiro ma è anche un vampiro buono che cerca di non uccidere. Sottomessa di una relazione tossica a senso unico. La metafora sottile come un tronco di una sottomissione femminile secolare che a un certo punto si ribella e uccide. Una femminilità quindi come piace alle femministe, sempre vittima mai carnefice e se carnefice con sacrosante motivazioni.
Una femminilità che si redime quando madre. Cosa per me inaccettabile.
Bella copertina, ho visto che va forte sulle storie di Instagram.
Per il resto segue le mode non le anticipa. Vuole compiacere tutti e non compiace l’arte letteraria.
Cerca di proseguire il discorso quando ci sono stati testi molto più interessanti a fare lo stesso discorso molto tempo fa con molta meno spocchia intellettuale. E’ un libro profondamente spocchioso fatto per un elite annoiata e compiaciuta della sua superiorità nei confronti del genere umano.
E’ un libro brutto? No.
E’ un libro profondamente antipatico.
Per questo sconsiglio di leggerlo.
Capisco che la politica sia diventata anche propaganda e che lo sia sempre stata.
Ma sono stanca di vedere sempre questo tipo di operazioni così superficiali.
E sono stanca di vedere ciò che è interessante e profondo messo da parte per ciò che è complicato in apparenza e più che superfluo in sostanza.
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