
Ma quindi questa seconda stagione di Shadow and Bone è bella o brutta?
Eh.
Non è facile.
Premetto che la prima stagione non mi era dispiaciuta. Aveva dei difetti di ritmo e sceneggiatura al centro, ma bene o male risolveva molte cose che erano state mal fatte nei libri della trilogia Grisha e alla fine portava a casa un lavoro pop dignitoso, anche se abbastanza dimenticabile.
Io poi non sono particolarmente esigente per quel che riguarda le serie tv, mi conoscete, esalto “Mare Fuori” e reggo “C’era una volta” fino alla quinta stagione. Comunque nella prima stagione c’era un ottimo Jesper, una buona rappresentazione del mondo di Leigh Bardugo e gli attori erano tutti molto adatti alla loro controparte cartacea.
Questa seconda stagione di base ha di imperdonabile il fatto che depotenzia la trama forte, ossia quella dei libri di “Sei di Corvi” e “Crooked Kingdom” e potenzia dall’altra parte la trama riguardante la trilogia. Tagliando molte cose inutili e tagliando anche scene ridicole.
La stagione di per sé è debole. Troppo confusionaria e con troppo poco ritmo. Però ha dalla sua delle buone cose e un lavoro sul testo che non è malvagio. Neanche ottimo per carità, ma sulla carta ha una cosa che ho trovato molto interessante e che è stata fatta bene: il rapporto tra Alina e Nikolai.
Nella trilogia Grisha scritta a partire dal 2012 da Leigh Bardugo era stato presentato un tipo solo di donna al centro della storia: Alina. Una con un potere nascosto che si ritrova con un potenziale al di fuori dalle sue capacità di gestirlo. Ed era stato messo in chiaro, pure abbastanza male, che quella ragazzina, che eri tu lettrice, poteva incontrare tre tipi d’uomo: il freddo manipolatore che vuole controllarti (Darkling), il caldo e passionale che ti sta sempre troppo addosso e che ti vuole solo quando non può averti (Mal), e quello che si serve di te solo a fini politici (Nikolai). La cosa ripeto era fatta male nei libri. I personaggi erano troppo abbozzati male e la presentazione di questa idea era troppo didascalica. Il personaggio più riuscito era Nikolai semplicemente perché arrivando nel secondo libro era scritto da un’autrice più matura ed esperta. Ad ogni modo. Il grande limite delle narrazioni di stampo femminista degli ultimi anni è stato non saper proporre un tipo d’uomo che possa risultare sia attraente che rifuggire agli stereotipi tossici di gelosia e possessività, o di controllo, che hanno caratterizzato le narrazioni del Novecento. Nikolai non ne era esente nei libri dall’essere un maschio che vuole dominare il potere femminile, di fatto cerca di usare Alina per i suoi scopi.
In questa stagione la cosa che mi è piaciuta davvero tanto è stata invece la proposta di Nikolai, che arriva e si inserisce tra il freddo manipolatore e tra il caldo possessivo, proponendo un tipo d’uomo che può essere affascinante ma può essere anche costruttivo.
In questo il rapporto tra Alina e Nikolai mi è piaciuto perché è un’amicizia che non tradisce una certa attrazione, però è paritario. Alina è un politico, non è una pedina politica. Alina è più oscura, è più manipolatrice, è meno vittima ma forse chissà sarà anche carnefice.
Però a questo uomo nuovo quel tipo di donna lì piace, gli rimane utile, è un’alleata preziosa. Questo uomo nuovo in questo senso funziona bene. E’ stato molto bello vederlo finalmente in scena, perché purtroppo la televisione ancora è orfana di questo tipo di modelli. Sa mostrarti il male di un certo tipo di mascolinità, sa distruggere, ma non è ancora riuscita a mostrare una ricostruzione.
Nikolai è il re delle macerie e della ricostruzione, è la chiave con cui ricominciare perciò la serie televisiva ha fatto una scelta davvero coraggiosa in questo senso, pur andando magari contro al testo di partenza.
Per il resto purtroppo tutte le altre trame della serie televisiva non sono alla stessa altezza. Non sono così interessanti e non hanno abbastanza forza per poter gareggiare con Nikolai e con Alina.
Nell’insieme sarebbe più un no che un sì da parte mia. Peccato perché era davvero interessante come proposta, se solo gli sceneggiatori avessero capito che cosa avevano tra le mani.
Di fatto i personaggi introspettivi come Kaz e Inej rimangono sullo sfondo, soprattutto Inej. Le interazioni tra i Corvi non hanno lo smalto che avevano nei libri. Il problema di sceneggiatura è veramente gigantesco proprio perché quando si tratta di dover dare ritmo ai dialoghi non si sente proprio quel ritmo. La regia non riesce a sopperire a questa mancanza, anche perché nelle serie televisive così con mezzi relativamente limitati rispetto a quelli del cinema, è la sceneggiatura che spesso deve fare lo sforzo. Forse gli sceneggiatori dovevano riguardarsi prima di mettersi a scrivere il buon vecchio Tarantino delle “Iene” oppure “Il Grande Freddo” o qualcosa di Woody Allen.
Peccato davvero.
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