
Quando ho sentito parlare della “Canzone di Achille” sono partita un po’ prevenuta. Io ho studiato Lettere Classiche, e durante il mio percorso ho anche tradotto un libro dell’Iliade. Il fascino che provo per il personaggio di Achille non si può spiegare a parole. E anche per il personaggio di Patroclo sia chiaro. Perciò questo tipo di operazione mi è stata un po’ antipatica, perchè non ha rispettato la mia idea di Achille e la mia idea di Patroclo.
Se da un lato infatti Madeline Miller da ad Achille molta dignità, dall’altro non riesco a liberarmi del tutto dell’idea che si tratti di una fanfiction sui due personaggi. Che sì erano amanti anche in mitologia, ma avevano un tipo di rapporto che non può essere più di tanto riletto sotto la luce dei contemporanei. E infatti la Miller non lo fa, ma ci propone piuttosto un amore omosessuale osteggiato, proprio come se si trattasse di una storia contemporanea.
Quando l’amore tra Achille e Patroclo è di fatto un’amicizia profondissima. Un’amicizia che a differenza dell’amore eterosessuale, che di fatto provoca la guerra di Troia, salva i Greci dalla disfatta. Un rapporto che è esclusivo perchè disinteressato. Ricordiamo infatti che le donne erano considerate inferiori nell’antica Grecia, utili solo ai fini della riproduzione. Perciò il rapporto tra maschi era più valido e vero, perché era un rapporto tra pari. Un rapporto che poteva essere anche fisico e sessuale, ma era soprattutto amicizia superiore all’amore erotico. Ciò non toglie che Achille amasse infinitamente Briseide, Pentesilea, Polissena. Achille e Patroclo dormivano insieme, ma con le schiave. E’ difficile per noi contemporanei capire.
Il personaggio di Patroclo in particolar modo nell’Iliade è più maturo, più grande, consapevole di Achille che è solo un ragazzino in fin dei conti. Sa farlo ragionare, sa come gestire la sua infinita irrazionalità ed emotività. Achille è come un adolescente in preda alle emozioni, per tutto il tempo. L’Iliade è il percorso sulla sua maturazione, anche attraverso la perdita di Patroclo.
Madeline Miller sicuramente, classicista come me, ha una visione diversa dei personaggi, e lo rispetto. Però non è riuscita a convincermi come ha fatto con “Circe”. La sua prosa è ottima, veramente convincente. La narrazione è stimolante.
Ho come l’impressione che riscriva la storia per compiacere un certo pubblico, ma senza catturare l’essenza dei due personaggi. Modernizza troppo un rapporto che era invece esclusivo di una certa epoca e mentalità. E lo fa per vendere.
La seconda parte del romanzo poi crolla in maniera disperata. Tutta la parte con Chirone funziona anche. Poi la parte che si svolge a Sciro è per me orribile. Non ho capito che senso avesse Deidamia, la storia è tutta distorta per rendere più romantica quella tra Achille e Patroclo. La parte sulla guerra di Troia è quasi un insulto. Capisco che è difficile riscrivere il più grande capolavoro della storia dell’umanità. Però questa centralità del rapporto tra Achille e Patroclo è sbagliata. La morte di Patroclo serve ad Achille per diventare adulto, per imparare che in nemici vanno rispettati e che ci sono cose più grandi in gioco rispetto alla gloria personale.
Non è una storia d’amore ma d’amicizia.
E l’amicizia ha più valore dell’amore, è questo il punto. Punto che la Miller per ma non ha saputo, o voluto, cogliere.
Ciò che rimane è un buon melodramma, ma niente più.
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