Un grande personaggio da il senso della storia. Tanti grandi romanzi si sono persi dimenticando la cosa più importante, ossia l’importanza di un grande personaggio. Ovviamente anche io ho i miei preferiti, che vado ad elencare in questa classifica personale e assolutamente poco seria.
Achille dell’Iliade: Achille è per me il personaggio. E’ l’origine della storia della formazione di un giovane uomo che diventa inserito nella società. Di un’eroe incomprensibile all’interno di un mondo giovane e immaturo quanto lui. La sua evoluzione nel corso del romanzo è l’evoluzione di una società. Società che porta sulle sue spalle il peso di una condizione umana durissima. Società che riconosce nella morte una fine comune, e che in una visione adulta, decide di rispettare la morte del nemico. Achille è soprattutto questo, sepoltura dei defunti anche quando ti hanno strappato il più grande amore della tua vita. Un sistema complesso, misterioso e affascinante.
Starbuck di Moby Dick: ogni Achille può avere la sua compiutezza formale se accanto a lui c’è un Patroclo. Quando c’è un pazzo furioso, incomprensibile agli occhi degli umani normali, un grande scrittore deve mettergli accanto qualcuno di prudente, cauto e meticoloso. Così nasce Starbuck, primo ufficiale di Achab all’interno di Moby Dick.
Starbuck è l’unico che non si fida mai dell’apparente sanità mentale di Achab. E’ anche quello perfettamente consapevole del fatto che a sfidare la natura si esce con le ossa rotte. Non nega una certa ammirazione per il capitano che osa laddove gli altri rinunciano. E’ il personaggio che più comprende Achab. E’ una sorta di figlio mancato, di prudente saggio e coraggioso eroe, che comprende che la salvezza di Achab sta nell’epifania. Epifania che avverrà nel romanzo, nel momento più intenso di tutti. Dove l’appello di Starbuck per la salvezza delle loro anime, è un appello di un giusto dell’umanità, che cerca di redimere tutti. E che finirà in ogni caso coinvolto nella tragedia.
Ivan Karamazov dei Fratelli Karamzov: personaggio estremamente distante da me. Filosofo, pensatore, esistenzialista ateo. Una delle tre teste di Dostoevskij. La sua tragedia si consuma nel fatto che ha sacrosanta ragione da un punto di vista razionale. Ma portarsi dentro quello che si porta dentro lui, è sconvolgente. Non è umanamente sopportabile. Infatti il limite della sua conoscenza umana, lo porta a sbattere la testa ancora e ancora fino alla pazzia. Fino alle terribili conseguenze di una teoria stringente, ragionevole e distruttiva. Ivan Karamazov è parricida, è un figlio di mezzo della storia. Non ha combattuto guerre, è troppo presto per la sua grande depressione. E’ inetto nel mondo. La donna che ama disperatamente lo ricambia, ma non se ne accorge. La verità è sotto il suo naso, per tutto il tempo, ma non la vede. Riesce solo a teorizzare e a teorizzare, ma non afferra mai nulla, e il compimento di questo personaggio non può essere che una testa che si rompe a un certo punto. Che crolla sotto un peso troppo grande e che non comprende i propri limiti.
Hermione Granger di Harry Potter: temo a volte si tenda a sottovalutare cosa abbia significato Hermione per tutte noi. Hermione è stato il primo personaggio di un genere prevalentemente maschile come il fantasy, a imporsi. E’ uno stereotipo vivente da prima della classe. Ma è anche una ragazza vera, piena di insicurezze. Quello che odio del girl power attuale è la mancanza di insicurezze nei personaggi femminili. La perfetta consapevolezza di ogni situazione. Quando Hermione riusciva a essere forte e reale. La sua voce è stata importantissima per una generazione intera. Tutte noi volevamo essere lei, la nata babbana che entra in un mondo e che vuole disperatamente dominarlo. L’artefice della salvezza di Harry molte volte, ma anche l’amica fedele e l’innamorata di Ron che non sa come farsi avanti. Una ragazzina vera insomma, pur parlando di contesto fantasy.
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