
Quando la saga di Hunger Games diventò popolare, facevo il liceo. Il primo film sbarcò nelle sale e poi in televisione. E conquistò tutti. Avevo in quel periodo superato la fissa per le grandi saghe per ragazzi, e non le leggevo più con lo stesso trasporto. Mi avevano deluso già in parecchie, soprattutto perché la maggior parte delle saghe per ragazzi spesso si concludono con finali orribili e insensati.
Ad ogni modo il primo film mi piacque. Funzionava, era un film d’avventura coinvolgente, anche abbastanza violento e poco edulcorato, considerato che il target era quello degli adolescenti. Anche se avevo già letto Orwell e per me non rappresentava niente di nuovo o eclatante. Però alla fine lo apprezzai, anche se di certo non mi misi a comprare spille e a farmi la treccia a lato della testa.
Così prendo in mano il primo libro.
Che delusione.
La scrittura di Hunger Games è a dir poco imbarazzante. La prima persona e la prosa sono scarni e deboli. Gli episodi sono poco convincenti. La protagonista se nel film aveva la rivelazione di Jennifer Lawrence a rendere Katniss sopportabile, nel libro era insopportabile.
Non sto dicendo che fosse un libro totalmente scemo di cui non capisco il successo. In realtà è stato un libro che seppe perfettamente inserirsi nel mercato, lanciare la moda della distopia per giovani. Tuttavia se lo andiamo ad analizzare è molto semplice, comodo e poco realistico.
Le spiegazioni su come sia nato questo mondo distopico e dittatoriale diviso in distretti sono molto poco dettagliate o credibili. Il fatto che ogni distretto si occupi di una determinata produzione, è ridicolo. E’ ovvio che è fatto per fare la sfilata dei carri durante gli Hunger Games. I riferimenti a Roma e all’Impero Romano sono casuali e per nulla pertinenti. Personaggi che si chiamano Plutarco e Seneca mescolati a personaggi che si chiamano Finnik e Joanna mi danno davvero fastidio.
I riferimenti al Panem et Circenses sono parimenti ridicoli. La divisione a zone di fame e povertà e un unica città ricca ricca, non ha senso, sembra un videogioco. Capitol City è diventata iconica solo grazie al film che ha saputo gestire l’orrore dato dal mondo patinato. La commistione tra l’Hollywood ricca e bulimica, che se la gode sulla pelle della gente. Mentre nel libro le descrizioni stanno a zero. L’ambientazione sembra un videogioco in cui tutto è equamente diviso ordinatamente, per essere messo in scena.
Il secondo libro è il male puro perché è una riproposizione della stessa trama del primo. Fatta giusto per fare soldi. Ma è il finale della saga che è un pasticcio. Perché il secondo libro ha perso tempo a creare nuovi Hunger Games con pretesti narrativi orribili. Del tipo che Katniss deve tornare nell’arena perché sì.
Il discorso politico che poteva essere interessante nel terzo libro, è molto sullo sfondo. La stessa ribellione, sembra non importare alla protagonista. Il dittatore cattivo viene eliminato senza avere veramente fatto nulla. La sua sostituta parimenti cattiva, ugualmente viene eliminata da Katniss perché sì, senza alcun ragionamento o costruzione della scena. Il terzo libro è un pasticcio totale, dove troppi avvenimenti accadono tutti insieme e con una risoluzione orribile sul finale. Perché la protagonista si ritira a vita privata e si da alla maternità e tanti saluti.
Insomma Hunger Games fallisce nel momento in cui critica il capitalismo, per poi sbatterti in faccia quelle spille stupide con la ghiandaia imitatrice. Mette una donna al centro del potere, per non farla mai davvero partecipare al potere. Katniss appare solo come una ragazza strumentalizzata che ci finisce dentro suo malgrado. Non sembra importarle davvero della rivoluzione necessaria alla sopravvivenza. Quella importa solo al partigiano Gale. Che si da alla guerra. Non è bello ok, ma tanto come la sovverti una dittatura? Con gli abbracci?
Per essere femminista, il libro ci mostra Katniss che salva Peeta. Molto bello per carità, ma invece di soffermarsi sul triangolo amoroso la Collins poteva soffermarsi su una donna realmente interessata a sovvertire il potere. Invece di mostrarci il topos della damigella in difficoltà, ribaltato, poteva mostrarci una donna che non è perfetta e incorruttibile.
Ma non dimentichiamo che questo libro non è fatto per essere critico, ma per essere pop. Perché alla fine ciò che ti porta soldi e vendita di libri è il triangolo, non la politica. Tutti si ricordano di Finnik che muore con la moglie incinta, e non quell’orribile sequenza d’azione in cui muore e in cui non ci si capisce assolutamente nulla.
Il messaggio rivoluzionario non è portato avanti veramente. Perché porta alla guerra.
E la guerra è brutta.
Ma ripeto, per modificare l’ingiustizia sociale, come pensi di fare?
Alcuni potranno dirmi che Hunger Games era originale come saga. Ma sinceramente, chiunque abbia visto Battle Royale sa che questo canovaccio dei giochi assassini va avanti da parecchio tempo.
Insomma per me Hunger Games fu un gigantesco fuoco di paglia. Un libro pieno di promesse e ben confezionato, che si risolveva in una sceneggiatura mal scritta con qualche guizzo interessante. Rendeva infatti meglio su schermo, perlomeno il primo film. Ma per il resto era una scrittura scialba per una storia che poteva dare molto di più.
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