
Dopo anni di tentativi sono riuscita a finire di leggere per la prima volta “La Compagnia dell’Anello” di J.R.R Tolkien.
Ho sempre avuto un rapporto complicato con Tolkien. L’ho sempre trovato complicato in alcuni punti e la sua idea di letteratura e di mitologia spesso cozzava con la mia.
Finalmente sono riuscita a sbloccarmi da quello che è stato il blocco del lettore più grande della mia vita secondo solo al blocco del lettore causatomi dal “Conte di Montecristo”.
Che ne penso di questo libro?
Gettò le basi del fantasy, è ricco di mitologia ma è incredibilmente lento e la trama orizzontale di base è molto ancora fiabesca. I personaggi rimbalzano da un luogo a un altro e non fanno che camminare. La scrittura di Tolkien è maestosa, è riuscita a rimanere maestosa senza sembrare vetusta nonostante gli anni che sono passati.
Quello che più posso biasimare a questo libro è che si sente che è una tavola imbandita e apparecchiata che mette tutti i suoi pezzi in mostra in attesa di essere utilizzati.
La cosa che forse più scompare nell’epopea sono proprio i personaggi che sono appena abbozzati come quelli mitologici, ma mancano secondo me della forza e dell’umanità dei personaggi mitologici. L’operazione si è stata quella di ricreare in vitro qualcosa che deve nascere oralmente.
E’ stata fatta bene, ma siamo dalle parti ancora una volta di Apollonio Rodio, mi è mancato del Sublime che è stato il grande scoglio che mi ha sempre portato a scontrarmi con Tolkien.
Spero di poter ribaltare il mio pensiero con la lettura delle Due Torri e del Ritorno del Re. Alcune cose di Tolkien mi esaltano e continuano a esaltarmi. L’incontro con Galadriel è splendido e rimane uno dei pezzi che preferisco. Anche se continuo a biasimare la struttura episodiaca come quella dell’Odisse. Affossa il ritmo in maniera inimmaginabile.
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