
Questa fiaba di Oscar Wilde la lessi da bambina in un libro che si chiamava “Il Fantasma di Canterville e altre storie”. Le altre storie erano le sue fiabe più o meno famose.
E’ una fiaba molto bella, una delle più belle tra le sue. Non è retorica come “Il Pescatore e la Sirena”. Si vede che ancora una volta il suo riferimento è il genio di Andersen.
Wilde giocava a fare Andersen di base con questi racconti.
Scrive una sorta di “Brutto Anatroccolo” al contrario. Nel “Brutto Anatroccolo” il viaggio di un rifiuto della società lo portava a una maggiore consapevolezza di sé, fino all’accettazione.
In questa storia invece parliamo di un ragazzo superbo che deve cambiare. Un figlio delle stelle, un figlio di re, ritrovato avvolto in una coperta intessuta di stelle. Nonostante venga cresciuto da contadini, lui è bellissimo e si crede chissà chi.
Diventa un bullo. Uno di quelli che lanciava i sassi al Brutto Anatroccolo, perlomeno così mi piace immaginare questi due personaggi. Estremamente speculari e simmetrici.
Solamente che il percorso del Brutto anatroccolo era dal basso all’alto, il Figlio delle Stelle deve cadere per ritrovarsi.
Incontra sua madre, sotto gli stracci di una mendicante, e la rifiuta in quanto la trova un essere abbietto. Così esattamente come la Bestia che rifiuta la rosa della mendicante, si trasforma in rospo. Iniziano lì le sue peregrinazioni sotto forma di rospo.
Wilde non era geniale come Andersen quando scriveva fiabe. Riprendeva gli schemi di alcune altre geniali fiabe, come La Bella e La Bestia e il Brutto Anatroccolo. In questa fiaba inserisce alcuni elementi tipici, la ricerca dell’io e del sé. Ma anche le prove. Perché il Figlio delle Stelle incontrerà uno stregone, che lo sottoporrà a delle prove. E recupererà la sua bellezza solo dopo espiazione e pentimento. Il finale positivo, l’agnizione come figlio di re, sono tutti elementi più vicini al romanzo che alla fiaba.
Tuttavia sebbene risulti un po’ un ibrido, e sebbene rimanga dimenticata ai più, la trovo interessantissima per il fatto che cerca di costruire un percorso opposto al Brutto Anatroccolo. Ossia la creatura bella dentro e brutta fuori, che si trasforma fisicamente in qualcosa che lo rispecchi.
Se il Brutto Anatroccolo era rifiutato da sua madre adottiva, il Figlio delle Stelle rifiuta quella biologica e per questo viene punito laddove l’anatroccolo veniva compatito.
L’errore secondo me di Wilde fu quello di inserire le tre prove e tutta la parte in cui il Figlio delle Stelle ritrova sua madre e scopre di essere un principe. C’è qualcosa di storto in una fiaba che aveva tutto il potenziale per essere il degno specchio e rivale del Brutto Anatroccolo.
Quel che resta è un bel racconto davvero interessante, alla quale è mancato un qualcosa in più. Tuttavia l’impostazione e soprattutto l’inizio sono folgoranti. Se fosse rimasto rospo a fine fiaba, dopo una serie di prove non superate per dimostrare bontà, forse avrebbe raggiunto la perfezione.
Del resto Wilde non è Andersen, nel “Pescatore e la Sirena” questa cosa diventa evidente.
Rispondi