
Ci sono pochi libri che amo quanto amo “Le avventure di Pinocchio” di Carlo Collodi. Un testo magnifico, perfetto e produttivo come poche cose.
Ve lo ricordate tutti immagino Pinocchio.
Come inizia?
Con un pezzo di legno.
Come finisce?
Con un bambino vero.
Perché?
Perché in mezzo c’è stato un libro.
E’ trascorso del tempo, il personaggio parte da un punto A e arriva a un punto B.
In una storia è la cosa più importante se si sceglie di compiere un viaggio, far sentire al lettore quanto le cose progressivamente siano cambiate.
C’è stato un libro tra il personaggio che c’era all’inizio e quello che vediamo alla fine.
Il tempo non si gestisce semplicemente con analessi e prolessi, con tagli e salti in avanti in una narrazione.
Il tempo non mi devi semplicemente dire che è passato. Devo sentire che è passato. Devo vedere che i personaggi soprattutto non sono più gli stessi.
Non c’è più un ciocco di legno, c’è un bambino vero. In mezzo il burattino che scappa per tutto il libro.
Per questo faccio sempre tanti complimenti a Harry Potter, perché gli anni della crescita sono i più difficili da rendere. Perché ha anni da far passare tra l’Harry undicenne e quello diciassettenne. E noi riusciamo a sentirli anche se non ci ripete continuamente una voce che il tempo passa. Cosa invece non è riuscita per niente a Percy Jackson secondo me in cui i personaggi erano piatti per cinque libri e rimanevano piatti. La crescita non la si vedeva.
“Il Signore degli Anelli” è proprio fuori scala in quanto a questo. C’è un Frodo prima del viaggio e uno dopo il viaggio che nemmeno sembrano essere la stessa persona. Un bambino che esce dal cogito e si ritrova gettato in una guerra che non vince pur vincendola. Non a caso è un capolavoro come saga, anche se a me personalmente non piace.
Per questo mi lamento tanto del “Circo della Notte”. Perché è una storia che si basa su salti temporali, passano anni e la gente nemmeno se ne renderebbe conto se non ci fosse scritta la data a inizio di ogni capitolo. Non mi importa della data io devo capire che è passato del tempo anche indipendentemente da quella. Ma come faccio se i due insulsi protagonisti rimangono identici dall’inizio alla fine del libro? C’è una storia in mezzo e sembra non esserci stata. La Celia dell’inizio è uguale alla Celia della fine.
Va anche detto che per cambiare personalità occorrerebbe averne una.
Nei romanzi di formazione in particolare il tempo è una valuta fondamentale. Perché senza cambiamento, senza maturazione, non hanno senso di esistere semplicemente.
La cosa che più mi dispiace è che se guardo ai libri letti di recente, scritti specialmente per un pubblico giovane, questo cambiamento non lo sento.
Secondo me uno dei grandissimi limiti di Leigh Bardugo nella Dilogia di Nikolai è stata l’incapacità di gestire un salto temporale notevole. Perché i personaggi dopo quattro anni erano gli stessi identici rispetto a come li avevamo lasciati. Non si sente che è passato del tempo sulla loro personalità. Ancora più grave è il fatto che a fine dilogia sono identici a come erano all’inizio. E’ un errore bello e buono che non mi aspettavo dalla stessa autrice che in Sei Di Corvi compiva un lavoro sui flashback davvero magistrale.
Il tempo va saputo gestire, insisto sempre che uno scrittore non debba perdere tempo.
“La Memoria di Babel” della saga dell’Attraversaspecchi in questo è un esempio di errore, perché parla di un personaggio bloccato nella crescita. E’ coerente che Ofelia rimanga bloccata per tutto il libro, uguale a sé stessa. E’ coerente che non sia cambiata per niente nonostante l’ellissi temporale.
Però poi il personaggi si sblocca e rimane uguale.
Ecco l’errore temporale.
Ed ecco perché ho apprezzato tanto romanzi come “Malena Senza Sonno” e “La Fiamma Azzurra”. Perché in entrambi c’è un personaggio centrale che parte da un punto e dopo un romanzo è diverso. Non è più lo stesso personaggio.
In “Malena Senza Sonno” la protagonista elabora un trauma personale e tutta la sua costruzione la porta a superarlo. La donna che c’è nella prima pagina non è la donna che c’è nell’ultima.
Nella “Fiamma Azzurra” ancora più merito perché c’è il percorso di un adolescente. Il Jake che vediamo all’inizio non è il Jake che vediamo alla fine.
A differenza dell’insulso Marco del “Circo della Notte”.
Mi rendo conto non sia semplice da fare per uno scrittore rendere perfettamente la crescita di un personaggio e il lento mutare attraverso il tempo.
Ma l’abilità è anche questa.
Altrimenti è un errore.
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