Un libro dovrebbe avere tutte le parole necessarie. Né più né meno.
Dovrebbe specialmente in questa epoca moderna rapida e coincisa, essere anche sintetico più che nelle epoche passate.
A volte ho l’impressione che gli scrittori vivano il proprio libro come un tacchino da riempire.
Specialmente in Italia, dove prosperano le lunghe saghe familiari e le eterne descrizioni. Molti scrittori pensano che il loro romanzo debba risultare ricco.
Pensano che non sia valido se non è lungo. Se non è suntuoso. Se non è maestoso.
Alcuni ti vengono a dire che hanno allungato alcune parti perché il romanzo sembrava incompleto senza descrizioni. Alcuni aggiungono mille drammi non necessari. Alcuni aggiungono cerchi narrativi che non portano da nessuna parte.
Gli scrittori quando riempiono il tacchino fondamentalmente si sentono inadeguati ai grandi classici della letteratura.
Non riescono a far emergere la propria voce. Ma hanno anche un’idea vetusta di letteratura.
Spesso lo si nota in malloppi confezionati senza editing alcuno, quanto una storia sia stata diluita. Mi riferisco a libri come “Fabbricante di Lacrime”https://libriitaliani.wordpress.com/2022/10/07/perche-non-leggere-fabbricante-di-lacrime/ o “Caduta dello Zentir” https://libriitaliani.wordpress.com/2022/08/03/la-caduta-dello-zentir-ha-un-grosso-problema/. Libri pubblicati con palesi innesti che potevano essere tranquillamente tagliati.
Andrebbero letti solo per capire quel tipo di errore.
L’errore del tacchino con gli autori fantasy è davvero troppo comune. Ancora prima di pensare una storia l’autore fantasy pensa che scriverà sette libri e quattro spin-off. Perciò riempie di cose il primo, il secondo, e si ritrova impantanato in una storia più grande di lui. Se pensate che ricomincerò a lamentarmi di George R.R. Martin avete ragione. Perché lui ha proprio infarcito il tacchino, allungando un brodo già lungo di suo, complicandosi la vita. Spesso l’autore fantasy pecca perché vuole dire tutto quello che può dire. Ama talmente tanto il suo mondo che vuole mostrare tutti gli angoli nascosti.
Spesso un autore pecca di troppo entusiasmo. Vuole buttare nel suo romanzo tutto ciò che ama, e finisce con mescolare troppe cose tutte insieme.
Credo che la chiarezza e la trasparenza siano le chiavi per la riuscita di un’opera.
Capisco il voler parlare di ciò che ami. Ma a volte è solo deleterio voler infilare tutto a forza.
Dei tanti errori di scrittura, quello del tacchino è uno di quelli che in realtà mi da meno fastidio, perché lo capisco. E’ un errore molto umano e non è dato dalla presunzione ma dall’entusiasmo. Quello che suggerisco sempre è la domanda “questo pezzo è davvero necessario?”
E’ un pezzo che piacerà a i lettori, o piace a me?
Peggio ancora, l’ho inserito perché ormai lo avevo scritto e mi dispiaceva tagliarlo?
Sono domande da farsi.
Evitare l’errroe del tacchino è semplice, basta mettersi in discussione.
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