George R. R Martin è stato un grande autore, e lo è tuttora. Nel 1996 pubblicando il primo volume delle “Cronache del Ghiaccio e del Fuoco”, “Il Gioco del Trono”, ha di fatto modificato il modo di fare e pensare fantasy in tutto il mondo.

Da appassionato lettore di Tolkien, Martin è stato in grado di vederne la macroscopica debolezza e trasformare quella debolezza di Tolkien in un punto di forza. Di fatto Tolkien è stato un genio, e “Il Signore degli Anelli” è un capolavoro, non fraintendete, però anche i capolavori possono avere difetti. Secondo Martin è l’assenza di sesso a indebolire la trilogia. Togliendo infatti la componente più umana da un’opera, questa perde la capacità di essere una storia forte e universale.
Così Martin prende la direzione opposta all’epica di Tolkien e costruisce un mondo estremamente basso, crudele, veritiero e violento. Il sesso è una parte fondamentale della sua visione. E a pensarci bene è anche un po’ folle, perché dare realismo al fantasy è un po’ un controsenso. Però Martin ci riesce.
Va detto che i primi due libri delle Cronache non sono capolavori.

“Il Gioco dei Troni” e “Lo Scontro dei Re” hanno dei momenti molto deboli, la narrazione è troppo simile a quella di un romanzo storico. Però sono dei romanzi potenti, che funzionano, molto all”avanguardia. Se pensiamo che la prima stagione della serie TV è andata in onda nel 2011, risultando modernissima, significa che Martin ha precorso i tempi di quindici anni.
Secondo me il suo capolavoro é “Tempesta di Spade”, il terzo romanzo, quello in cui Martin ha dato il meglio di sè.

E’ riuscito a trovare il perfetto connubio fra realismo e fantastico, tra violenza e sogno. Una miriade di storie si mescolano e si intrecciano. E’ il suo capolavoro. Peccato che dopo avvenga il tracollo. “Tempesta di Spade” è troppo conclusivo. E continuare la saga è una sfida a cui Martin soccombe, prendendo la scelta balorda di suddividere i personaggi nei due romanzi successivi, “Banchetto di Corvi” e “Danza dei Draghi”. Ci mostra troppe storie e ci da una visione parziale delle cose.
Ma il suo vero problema è l’avidità. Aggiunge troppi personaggi, troppe storie e sotto-trame. Troppe missioni e profezie. Troppa carne al fuoco. E intanto gli anni sono passati.
Non mi stupisce che siano trascorsi più di dieci anni, e ancora non abbia pubblicato “The Winds Of Winter”.
George R.R. Martin ha fallito. Non dando un finale alla sua storia, non riesce a dargli un senso. E anche se dovesse riuscire, e io dubito, a sbrogliare la matassa e a dare un finale soddisfacente, sarebbe comunque troppo tardi. Era il 1996, la saga più all’avanguardia e moderna del mondo ora è storia passata. La letteratura si è evoluta ed è cambiata. E per una saga pop come quella di Martin, è un problema non da poco.
Non voglio fare la lettrice disfattista, ma gli ultimi due libri della saga sono un pasticcio totale. Invece di iniziare a scremare e a chiudere le storie, Martin ha continuato ad aggiungerne delle altre. Non aiuta una certa vacuità di Martin dal punto di vista ideologico. Dopotutto la sua visione del mondo è un semplice e abbastanza scontato nichilismo passivo. E mi aspetto questo dal finale della saga se mai arriverà.
Non riesco a non pensare che questa saga ormai alla deriva, dopo giorni di gloria, ormai vada verso il completo fallimento.
Spero sinceramente di sbagliarmi.
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